Dal 29 settembre al 2 ottobre al Sanfelicinema

SETTEMBRE/OTTOBRE

Giovedì 29
Venerdì 30Risultati immagini
Sabato 1
Domenica 2

Ore 21.15 sempre,
Domenica anche ore 16.00

Drammatico
Romania/Francia/ Belgio 2016
Di Cristian Mungiu.
Con Adrian Titieni, Maria-Victoria Dragus, Lia Bugnar.

Perché la figlia non perda l’opportunità di conseguire il diploma, essendo stata aggredita brutalmente il giorno prima degli scritti, Romeo, il padre, mette in discussione i suoi principi e domanda una raccomandazione in cambio di un favore professionale.

LA CRITICA DEL FILM

(…) ammirevole ‘Bacalaureat’ di Cristian Mungiu, dove gli esami di fine liceo (il bacalaureat del titolo) della diciottenne Eliza (Maria Dragus) diventano lo spunto per una riflessione accorata e malinconica sui sogni e la moralità di tutto il Paese. (…) Mungiu (…) porta lo spettatore a riflettere sulla vischiosità di certe situazioni e comportamenti. Ne esce un quadro di pessimismo diffuso, dove i sogni di rinnovamento (…) si sfarinano di fronte a ostacoli e pressioni, e gli ideali che si vorrebbero trasmettere alle nuove generazioni dimostrano di reggersi su basi fragilissime.
Paolo Mereghetti – Corriere della Sera

Sullo sfondo di un Paese ancora sfaldato nonostante la ritrovata democrazia, il regista mette in scena un’intensa odissea urbana ottimamente scritta e costruita con lunghi piani sequenza durante i quali i personaggi, e il pubblico con loro, trovano il proprio ritmo.
Alessandra De Luca – Avvenire

(…) qui lo scontro è molto poco amoroso – diviene il centro a cui si aggregano relazioni specchio dell’intera società. (…) Mungiu fa parte di quei registi che costruiscono il film contro il protagonista. E non perché questi (…) sia peggio di chi lo circonda. La figlia, la moglie, l’amante, il ragazzo della figlia nella sfera personale e i diversi rappresentanti delle istituzioni in quella pubblica (…) sono «mostruosi» fino alla repulsione. (…) film (…) controllatissimo (ma non è sempre sinonimo di riuscita il controllo) nel quale Mungiu ritorna dopo l’estasi maniaco-settaria di ‘Al di là delle colline’ a un movimento narrativo più simile a quello di ‘4 mesi, tre settimane 2 giorni’, il film che lo ha lanciato. Scrittura millimetrata, nessun vuoto, un crescendo pensato per condannare il protagonista colpevole di essere caduto anche lui nella corruzione. (…) una variazione compiaciuta sulla necessità del castigo (come in ‘Al di là delle colline’). Un totalitarismo moralista che però con la morale non ha nulla a che fare.
Cristina Piccino – Il Manifesto

È incredibile quante cose riesce a raccontarci Mungiu in questo «morality play», denso e impeccabile: un matrimonio in crisi, il contrasto generazionale, la pervasiva forza del compromesso, la corrosa Romania postcomunista e un protagonista (l’ottimo Adrian Titieni) che rispecchia in tutte le sfumature di grigio la fragile complessità della natura umana.
Alessandra Levantesi Kezich – La Stampa

Cristian Mungiu è di un’altra categoria. I cinefli modaloli si offenderanno (pazienza), ma il romeno è un regista pazzesco, con una solidità e una profondità che pochi possono eguagliare. Ha 48 anni e ha diretto solo quattro lungometraggi, più numerosi corti e un’intensa attività di produttore. Ma quando sceglie la storia, è come se prendesse un bisturi e dissezionasse il suo paese – la Romania post-Ceausescu – con la precisione e la crudeltà del grande artista. (…) Mungiu ha l’ampiezza di sguardo del grande romanziere e la semplicità di stile del grande regista.
Alberto Crespi – L’Unità

Mungiu ci infila in una trappola angosciante, bracca il protagonista, racconta la difficoltà di una generazione che aveva creduto nell’arrivo della democrazia e oggi è paralizzata dai compromessi e dalle piccole viltà. In questa visione desolata e potente, lo stile spoglio è arricchito e reso ancor più opprimente dall’uso dello schermo panoramico.
Emiliano Morreale – La Repubblica

(…) buone notizie dalla Romania, con ‘Bacalaureat’ di Cristian Mungiu (…). Aderenza ai personaggi, introspezione psicosociale e felicità di scrittura filmica ‘Bacalaureat’ rifugge l’esibizionismo e il fumo negli occhi, ma non la sostanza del grande cinema.
Federico Pontiggia – Il Fatto Quotidiano

(…) film, asciutto ed essenziale, costruito, come dichiara il regista, nel segno dell’«importanza di realtà e realismo» (…).
Fulvia Caprara – La Stampa

I protagonisti di Cristian Mungiu (…) sono obbligati a confrontarsi con un mondo che esclude regole e principi per far valere piccole o grandi sopraffazioni davanti alle quali le legittime aspirazioni sono destinate a spegnersi. (…) Il racconto è solido ma l’impressione di déjà vu è vagamente molesta.
Andrea Martini – Nazione-Carlino-Giorno

Mungiu non alza la voce ma mostra la connivenza, il contagio, le pressioni che esercitiamo senza volere anche sui nostri cari, la rete di interessi che avvolge persone e paesi in un assolutorio ‘cosi fan tutti’. Niente di nuovissimo forse. Ma che attori, che sguardo, che capacità di dire e non dire, alludere e far pensare.
Fabio Ferzetti – Il Messaggero

Personaggi complessi, moralmente ambigui, in un bel ritratto, cinico e pessimista, di un paese. Applausi.
A.S. – Il Giornale

Veterano di premi sulla Croisette, l’ancor giovane regista rumeno sembra non sbagliare un colpo anche quando decide di ammorbidire i toni narrativi e registici del suo cinema. È questa, infatti, la grande differenza dalle opere precedenti (‘4 mesi, 3 settimane, 2 giorni’ e ‘Oltre le colline’), che ricordiamo durissime e sconvolgenti. L’incisività tuttavia non muta e il coltello è inflitto nella piaga di una nazione percepita come corrotta, statica, invivibile. Dolente e corrosivo, il terzo lungometraggio di Mungiu si è meritato il premio alla regia a Cannes. Da non perdere.
Anna Maria Pasetti – Il Fatto Quotidiano