Dal 13 al 16 ottobre al Sanfelicinema

OTTOBRE

Giovedì 13 (in lingua originale)
Venerdì 14
Sabato 15
Domenica 16

Ore 21.15 sempre,
Domenica anche ore 16.00

Western, Usa 2016
Di Antoine Fuqua.
Con Denzel Washington, Chris Pratt, Ethan Hawke.
Durata: 2 ore e 13’.

Dopo 55 anni i sette fuorilegge tornano sullo schermo per salvare la città di Rose Creek dalla prepotenza del riccone che tiranneggia gli abitanti. Un “remake” emozionante. Un grande successo

LA CRITICA DEL FILM

“Questi Magnifici sette ‘reloaded’ non vogliono riscrivere la Storia. Solo fare spettacolo senza far rimpiangere troppo l’originale, aggiornando l’insieme al gusto e alle mitologie odierni. Fin qui tutto bene. Lo script di Richard Wenk e Nic ‘True Detective’ Pizzolatto è un po’ episodico ma brillante (meglio i dialoghi della struttura). Fuqua non sembra subire molto il fascino dei paesaggi, ma dirige benissimo le scene d’azione (…) ed è svelto e pungente anche nei momenti da commedia. Inoltre, cosa fondamentale, gli attori sono scelti benissimo e si divertono un mondo, contrariamente a quanto accade nel 90 per cento dei remake (ormai una parolaccia) oggi dilaganti. (…) gigantesco Vincent D’Onofrio, l’indimenticabile Palla di lardo di ‘Full Metal Jacket’, uno dei migliori attori della sua generazione e dei più sfortunati, impagabile come trapper predicatore che combatte a mani nude e dispensa perle di saggezza in un falsetto roco da brivido (la somiglianza ormai clamorosa con Orson Welles completa l’emozione). Peccato solo che Fuqua e C. trascurino un particolare fondamentale per rendere il tutto davvero emozionante e non solo divertente. Il villaggio. Il piccolo mondo di contadini, artigiani, pionieri, in nome dei quali combattono i magnifici sette. Insomma la comunità. Concetto fondamentale in un western classico, ma oggi puramente accessorio, come il residuo di un’epoca trascorsa. Può esserci un vero western senza un West da difendere? Triste segno dei tempi: in fondo ogni remake parla della sua epoca. Perfino quando non vuole.
Fabio Ferzetti – Il Messaggero

Rilettura «berniesandersiana» del film di Sturges, più che politicamente corretta, dichiaratamente anticapitalista, integrata razzialmente, scompone gli elementi della nascita di una nazione e li offre come il seguo di una possibilità (forse) definitivamente perduta. (…) Denzel Washington, stiloso come un pezzo dei Cameo, anche se inevitabilmente evoca anche un po’ il Cleavon Little di ‘Mezzogiorno e mezzo di fuoco’ (…) il film ovviamente non vanta né la possanza kurosawiana, né il glamour classico sturgesiano. ‘I Magnifici 7’ secondo Fuqua sono una gang adattata allo spettro policromo di una consapevolezza da strada che della mitologia della frontiera e del western non sa che farsene. Pur rispettandone i canoni e la retorica, Fuqua utilizza il western per dare corpo a un film mutante. Un action movie genuinamente transgender, privo di nostalgie, efficace come una canzone di Rihanna, elegante come un pezzo di Puff Daddy, icastico come un verso di Jay Z, stradaiolo come una rima di Snoop Dogg. Fuqua, senza nessun complesso di inferiorità, conserva del western solo quanto gli fa comodo. A tratti il suo pare addirittura rievocare i fatti della guerra di Johnson County ma, rispetto a Mario Van Peebles e al suo ‘Posse’, Fuqua non tenta di cambiare colore al mito. Ciò che dichiara ‘I Magnifici 7’ versione 2016, è che non c’è nessun mito.
Giona A. Nazzaro – Il Manifesto

Remake di un film che era già remake, il western di Fuqua è in carta carbone il best seller di Sturges del 60 con i luoghi classici del c’era una volta il West (…). Vince su tutto l’elegia di un’epica ed epoca scomparsa di Comanches e Saloon, in un film ben fatto ma digitale nell’anima pur con un cast che affila sguardi e pistole, da Pratt a Hawke, ma il migliore è il cattivo Peter Sarsgaard.
Maurizio Porro – Corriere della Sera

Sono diventati multirazziali, femministi, «politically correct». Un po’ troppo addomesticati per convincere la platea degli appassionati del genere che, dopo Sergio Leone, dopo Sam Peckinpah e dopo Clint Eastwood, hanno imparato che, nelle sconfinate pianure del vecchio West, i buoni e i cattivi si scambiano continuamente i ruoli. Firmata dal regista di film d’azione Antoine Fuqua, la nuova versione dei ‘Magnifici sette’ ha il pregio della fedeltà e il difetto della piattezza. Nella cornice di uno dei classici della storia del cinema, regista e attori si muovono con rispetto, senza strafare, ma anche senza inventare. L’impressione più forte è che gli interpreti si siano molto divertiti a indossare quei panni, a cavalcare quei cavalli, a usare pistole e fucili con quella particolare destrezza. (…) non basta un cappello calcato sui capelli impomatati né qualche frase caustica masticata tra i denti per creare un nuovo eroe della Frontiera, scalzando le ombre dei giganti del passato, creati da Akira Kurosawa e reinventati da John Sturges.
Fulvia Caprara – La Stampa

Nella riesumazione costante che (diventata) Hollywood, come non replicare ‘I magnifici sette’ (1960) di John Sturges, a sua volta ispirato da ‘I sette samurai’ (1954) di Akira Kurosawa? La copia carbone non muore mai. Alla regia il muscolare Antoine Fuqua, a guidare le danze il sodale Denzel Washington, che a quasi 62 anni è sempre un bel vedere e un più che discreto recitare: carisma d’attore. (…) II finale (…) è da barzelletta politically correct, lo svolgimento da sospensorio. Per la cronaca, è la terza e ultima prova postuma del compositore James Horner (…), che perde ai punti con l’originale spartito di Elmer Bernstein. Come giudizio critico, va ridotto a ‘I magnifici 4’.
Federico Pontiggia – Il Fatto Quotidiano

Il mestierante Fuqua presenta il remake di un western di culto che ha dalla sua una vistosa baldanza, ma sconta due mega difetti. Il primo è l’handicap patito dagli interpreti nell’inevitabile confronto con i big vintage Brynner, McQueen, Coburn, Bronson; il secondo è l’ossessione del politicamente corretto che sta avvelenando i pozzi del patrimonio hollywoodiano. (…) tra gli arruolati per la missione impossibile compaiono un asiatico, un messicano e un pellerossa, ma nessuno di loro e neppure i più tradizionali Hawke, Pratt e D’Onofrio riescono a conferire un vero slancio epico alla fornitura di spettacolo ottima e abbondante. (…) confusi input drammaturgici, un misto di recupero poco convinto dei valori dell’amicizia virile, cinismo simil-Django, sarcasmo in stile Eastwood e allusioni a buon mercato agli attuali dilemmi della lotta al terrorismo.
Valerio Caprara – Il Mattino

Per generazioni il motivo conduttore di Bernstein, quello del primo film di Sturges (1960), è un colpo al cuore: pericolo, eroismo, inno al soccorso, gesto epico (quando emergono i violini). È ciò che manca nella colonna del remake dove si spara, si va al galoppo e si cade feriti come nel western ‘di una volta’, ricordando nella differenza afroamericana di Washington la differenza esotica del calvo Yul Brynner. (…) Fuqua fa il Fuqua (…). Corre via.
Silvio Danese – Nazione-Carlino-Giorno

Piacerà a chi riuscirà a rimuovere il ricordo del 1960 e apprezzerà il film per quello che vuole essere: un action movie firmato Fuqua (che dopo tutto s’era già ispirato ai ‘Magnifici’ per King Arthur). Quindi tante sparatorie, che non fanno rimpiangere quelle d’antan. Gli attori sì, fanno rimpiangere. Sono bravi, ma vuoi mettere col carisma di Brynner, Bronson, Coburn, McQueen?
Giorgio Carbone – Libero

Regia magica e cast stellare (dove spicca il nero, vestito sempre di nero, in sella a un cavallo nero, Denzel Washington, accanto a Chris Pratt, Ethan Hawke e Vincent D’Onofrio), ‘I magnifici sette’ versione 2016 si è politicamente aggiornato. Correttamente aggiornato. I pistoleri sono divisi in quote «razziali» (un afro-americano, un «asian», un pellerossa, un messicano…), alla fine si salvano tutti tranne i tre bianchi, e il vero eroe è una donna… E persino l’idea di fondo (il capitalismo, ieri come oggi, è tiranno e violento) fa sangue da tutte le parti. Per il resto, e tenuto conto che non si è mai visto un ‘remake’ migliore del ‘make’, il filmone di Fuqua è amabilmente spettacolare. Sai esattamente, in ogni momento, cosa succederà nella sequenza successiva. Ma non vedi l’ora di godertela.
Luigi Mascheroni – Il Giornale