Dal 26 al 29 gennaio al Sanfelicinema

GENNAIO

Giovedì 26 (in inglese)Locandina italiana Florence
Venerdì 27
Sabato 28
Domenica 29

Ore 21.15 sempre,
Domenica anche ore 16.00

Biografico/commedia,
Gran Bretagna
2016
Di Stephen Frears.
Con Meryl Streep, Hugh Grant, Simon Helberg.
Durata: 1 ora 50’.

Una esilarante Maryl Streep, nei panni di un’ereditiera newyorkese, sogna di diventare cantante lirica. Ma è stonata. Grazie al manager e al fidanzato ce la fa.

LA CRITICA DEL FILM

Mentre il nostro cinema fa harakiri offrendo cinepanettoni indigeribili, il Natale ha proposto questa commedia melomane piena di grazia crudele e gorgheggi (…). Stephen Frears (…) evita di approfondire il tema ma ragiona su affetti e ugola mirando ai talent di oggi. La sincerità della signora la protegge quando si presenta vestita kitsch con ali d’angelo o da señorita: Meryl Streep, sempre più unica, rifà esattamente con voce sua gli stessi errori vocali, strepitosa anche nella velata doppiezza, in ogni sguardo. Due angeli custodi: il marito, un Hugh Grant mai così bravo, con raffinatissima malinconia presenile e uno strepitoso pianista allibito e bruttino, Simon Heiberg, che suona e tappa le orecchie incredulo a suon di dollari. Tutti, ovvio, sull’orlo del baratro.
Maurizio Porro – Corriere della Sera

(…) interpretazioni davvero grandiose dei tre protagonisti. Una sempre sublime Meryl Streep, tutta parrucche e posticci. Uno scatenato Hugh Grant, semplicemente portentoso nei panni di quel lestofante con un cuore che da attore mancato mette tutta la sua arte al servizio di quella colossale montatura (non perdete la prima scena, soprattutto se avrete la fortuna di assaporare i dialoghi in originale). E la rivelazione Simon Heiberg, il piccolo pianista spiantato che si ritrova complice di quel circo e non può più tirarsi indietro. Pur sapendo che suonare insieme a quella “cantante” sarà probabilmente la sua fine. Come tutto questo si articoli in una storia imprevedibile ma coerente e psicologicamente inattaccabile, basata sulle cronache e soprattutto sui diari di quel marito a suo modo devoto, conviene scoprirlo al cinema. Ma solo Stephen Frears, uno dei registi più inclassificabili e sorprendenti in circolazione, poteva riuscire a cogliere con tanta esattezza e trascinante senso dello spettacolo il lato «ridicolo, commovente e insieme grottesco» di questi personaggi eccentrici quanto adorabili.
Fabio Ferzetti – Il Messaggero

Non è che ci procuri molte gioie, ma la categoria dei film medi di buon artigianato è assai utile per ridurre il nefasto gap tra cinema (presunto) d’autore e cinema (presunto) d’evasione. Specie se – come nel caso di «Florence» – il cast funziona particolarmente bene mettendo in sordina la prevalenza nella messinscena dell’accuratezza di mestiere sulla creatività e lo stile. (…) Un biopic affine anche se meno fedele, «Marguerite» di Giannoli passato due anni orsono alla Mostra di Venezia, sottoponeva a una sorta di requisitoria il velleitarismo del bizzarro personaggio, mentre in questo film poco straordinario, ma molto piacevole Frears tiene a mantenere a una certa distanza nei confronti dei fatti senza ricorrere né a una chiara empatia né a un aspro sarcasmo. Affidandosi, invece, alla solida sceneggiatura, la sensazione di una certa irrilevanza viene moderata valorizzando le superbe performance del cast; in primis della Streep che non ha più bisogno di aggettivi e si conferma maestra del trasformismo maniacale (nella versione originale canta anche in maniera orridamente stonata, mentre notoriamente ha una bella voce e sa come sfruttarla), poi dell’ormai maturo Grant che, superato il periodo di appannamento, è nuovamente irresistibile nel ruolo dell’attore inglese fallito Saint-Clair (…) e infine del formidabile Helberg ovvero il minuscolo e stralunato compositore che accompagna al piano la diva.
Valerio Caprara – Il Mattino

Dopo un quarto d’ora è possibile che qualche spettatore (più d’uno probabilmente) salti su a dire: io questa storia l’ho già vista. Non sbaglia. Il canovaccio (con nomi mutati) è lo stesso di ‘Marguerite’ film francese di qualche anno fa, storia di una riccona melo-mane che si ostinava a cantare in pubblico, nonostante fosse stonata come una casseruola. ‘Marguerite’ romanzava, ‘Florence’ invece è un bio-pic fedele alla vicenda di Florence Foster Jenkins, una miliardaria di New York, rimasta proverbiale per le sue stravaganze negli anni 30 e poi in quelli di guerra. Il grosso del film riprende gli ultimi mesi di vita di Florence nel 1944 quando vennero brutalmente i nodi al pettine, cioè la stonatissima venne trattata come tale dopo lustri passati a bearsi delle recensioni e degli applausi compiacenti. (…) Piacerà enormemente ai fans di Meryl Streep, qui lanciata verso la sua ennesima candidatura all’Oscar. Un po’ meno a chi è fan a corrente alternata e giudica Meryl forse la più brava attrice del suo tempo, ma certamente la più leziosa dell’ultimo mezzo secolo. Qui il personaggio le consente di scatenarsi, col risultato che il centro del film finisce per non essere più lei, ma uno stupefacente Hugh Grant che fa il marito-manager devoto ai limiti del masochismo. Noi Grant lo davamo sinceramente bollito. Assurto alla notorietà nei ruoli di svagato giovin signore, sembrava al capolinea quando la giovinezza se n’era andata e quindi il diritto alla svagatezza. Guidato da un grande direttore come Stephen Frears, Grant riesce a rendere plausibile Bayfield fino alla fine. E a conciliare nel pubblico l’idea che forse Florence era fasulla, ma il buon marito no.
Giorgio Carbone – Libero

Dovrebbe arrivare il quarto Oscar per la strepitosa Meryl Streep: la ventesima nomination sarebbe troppo poco. Quant’è brava non lo si scopre oggi; eppure ogni volta riesce a sorprendere per la naturalezza e la classe con cui sa dar vita a un’eroina magicamente diversa dalle precedenti. In questa divertente, a tratti irresistibile commedia, diretta con la consueta eleganza dal veterano inglese Stephen Frears, la troviamo nei panni ingioiellati dell’ereditiera Florence Foster Jenkins. (…) ottimo Simon Helberg, bizzarro incrocio tra Alvaro Vitali e John Turturro (…).
Massimo Bertarelli – Il Giornale