Dal 27 al 30 aprile al Sanfelicinema

APRILE

Giovedì 27
Venerdì 28
Sabato 29
Domenica 30

Ore 21.15 sempre,
Domenica anche ore 16.00

Drammatico,
Italia 2017
Di Claudio Amendola.
Con Luca Argentero, Claudio Amendola, Giacomo Ferrara.
Durata: 1 ora e 31’.

L’accoppiata “noir” Amendola-De Cataldo per raccontare quattro storie “fuori dal carcere” in un buon film, originale e coraggioso.

LA CRITICA DEL FILM

(…) un solido romanzo criminale che intreccia bene le situazioni di genere con un retroterra sociale e (tolta qualche debolezza: l’invadente colonna sonora, un finale un po’ compiacente ) testimonia un deciso progresso nei mezzi registici di Amendola. Altrettanto si può dire della prestazione di Argentero, caricato di un ‘character’ non facile che deve recitare di sguardi e fisicità.
Roberto Nepoti – La Repubblica

Non tutto funziona a mille in questo crudo noir metropolitano, forse a causa di una sceneggiatura corredata da troppe uscite di sicurezza retorico-melodrammatiche, ma il nerbo delle storie d’azione e redenzione che se ne dipartono, in un adeguato crescendo di suspense, s’ispira non a caso a un solido artigianato vecchio stampo. (…) i classici temi della colpa, la vendetta e il destino raggiungono una certa uniformità di ritmo e di taglio, sfruttando sfondi credibili nel loro realismo grazie anche a una fotografia ben coordinata alle cupe atmosfere di dissipazione e disperazione socio-esistenziali. Inoltre quasi tutti gli interpreti – capeggiati da Amendola nel solito ruolo di migliore in campo e dall’inedita Bellè – risultano professionali e motivati, ancorché (come nel caso dell’episodio toccato ad Argentero) spesso condotti al limite dello stereotipo esasperato.
Valerio Caprara – Il Mattino

Ben esaltata dalla fotografia di Maurizio Calvesi l’ambientazione romana è uno dei valori del film, insieme a una certa schiettezza di regia. Ma l’insieme non convince a pieno, a volte il racconto scade in toni da sceneggiata, si sente la mancanza di una maggiore finezza psicologica e narrativa.
Alessandra Levantesi Kezich – La Stampa

Alla sua seconda regia, Amendola raccoglie le suggestioni di un soggetto di Giancarlo De Cataldo per raccontare una storia che gli è certamente affine, almeno come attore e temperamento. Condotto con mano consapevole su se stesso e su interpreti perfettamente sortiti (Argentero al suo meglio nei panni di un vendicatore muscolare), ‘Il permesso’ valorizza la struttura organizzata su quattro narrazioni parzialmente incrociate, manifestando il coraggio di Amendola rispetto all’uso di linguaggi lontani dalla mediocrità. Se le atmosfere rievocano quel cinema della mala italiana ritornato di tendenza dopo gli antichi splendori, fra le pieghe de ‘Il permesso’ s’intravede la volontà di una propria originalità definita soprattutto nei caratteri, ciascuno sintomatico di un filone cinematografico e non di meno esistenziale che ben raffigura il sentire contemporaneo.
Anna Maria Pasetti – Il Fatto Quotidiano

E bravo Claudio Amendola. Quattro anni dopo l’ottimo esordio nella regia con ‘La mossa del pinguino’, ecco il riuscito bis. Là era una commedia, qui un noir, uniti dalla stessa malinconia di fondo. (…) Ritmo serrato e bel disegno dei caratteri.
Massimo Bertarelli – Il Giornale

Il secondo film di Claudio Amendola è una sorta di prova generale per una serie: molti personaggi, storie, classi, ribellioni, violenze: a ciascuno il suo, secondo lo schema sociologico della tv, diviso tra lo stile di «Gomorra» e di «Un posto al sole». (…) Quasi episodi, tagliati senza sfumature, personaggi portati al macello del medium tv per soddisfare il bisogno di volgarità ed amoralità diffuse tra il pubblico.
Maurizio Porro – Corriere della Sera

Luigi, Donato, Angelo e Rossana. Lontanissimi di provenienza, indole, età e cultura: quattro esistenze costrette ad osservare i rispettivi universi attraverso il filtro di sbarre (meta)fisiche, barriere che permettono loro di filtrare il senso di passato, presente ed eventuali futuri. Già, perché è sulla metabolizzazione di un futuro “al di fuori” che per mesi (se non anni) i quattro detenuti hanno riflettuto “dal di dentro”: chi coltivando la vendetta come Donato, chi pensando al proprio figlio a rischio di criminalità sulle orme paterne come Luigi, chi con la determinazione di fuggire il più lontano possibile dalla duplice prigionia del carcere e di una famiglia ingombrante come Rossana e chi – come il giovane Angelo – immaginandosi un futuro pulito grazie a una novella laurea sudata in cella. Sono loro i punti di vista nonché (s)oggetti di indagine della seconda regia “in lungo” di Claudio Amendola, che qui raccoglie la suggestione ideativa (e la collaborazione in sceneggiatura) di un maestro criminal come Giancarlo De Cataldo. La mano si mostra consapevole, tanto dentro al genere, quanto verso un’originalità ruvida e coraggiosa, limpido tentativo di staccarsi dalla medietà (quando non mediocrità) di certa cine-tendenza del Belpaese. I character emergono rotondi, anche grazie alle ottime performance degli interpreti ben selezionati, fra cui un Argentero duro e muscolare, che esonda vendetta da ogni fibra. Il sentire contemporaneo pulsa di dolore, e ciò aiuta a trattenere nella memoria questo buon film.
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