Dall’ 8 all’ 11 febbraio al Sanfelicinema

FEBBRAioLocandina italiana La ruota delle meraviglie

Giovedì 8
Venerdì 9
Sabato 10
Domenica 11

Ore 21.15 sempre,
Domenica anche ore 16.00

Drammatico,
Usa 2017
Di Woody Allen.
Con Jim Belushi, Juno Temple,
Justin Timberlake, Kate Winslet.

Durata: 1 ora e 41’.

Woody Allen sceglie il luna-park di New York per ambientare il suo racconto dove brillano l’interpretazione di Kate Winslet e la fotografia di Vittorio Storaro.

LA CRITICA DEL FILM

Come viziati dalla sua inesauribile vena comica, si resta sorpresi quando Woody Allen presenta un film senza battute, più vicino ai drammi di Tennessee Williams che alle sue tradizionali commedie. (…) Chi conosce i film di Woody Allen ritroverà alcuni dei suoi temi centrali: il girotondo casuale della vita dove non esiste più una morale certa, il fascino del cinema capace — forse — di restituire un po’ di vitalità, la fragilità (e l’inganno) dei sentimenti. Ma è soprattutto la compattezza e l’efficacia del racconto a lasciare il segno, tutto concentrato in pochi ambienti (teatrali?) dove però i personaggi si muovono con un sorprendente dinamismo, pedinati da una macchina da presa altrettanto mobile, mentre l’illuminazione di Storaro si incarica di «confondere» romanticismo e sciatteria, la luce che filtra attraverso la pioggia e rende così bello il volto di Caroline con quella che toglie ogni poesia ai litigi familiari di Ginny e Humpty. E che fanno di questo film un prezioso messaggio dentro la bottiglia, come se Woody Allen volesse esorcizzare il senso ineluttabile della fine ricordandoci che nonostante le risate del passato il destino di tutti è quello di fare i conti con i propri fallimenti e i propri disincanti. E sforzarsi di conviverci.
Paolo Mereghetti – Corriere della Sera

Se è vero che la cinquantennale attività di cineasta ha prodotto una filmografia sostanzialmente compatta, seppur suddivisibile in diversi periodi, la quarantottesima regia cinematografica di Woody Allen è un oggetto da osservare con attenzione. La ruota delle meraviglie da una parte contiene infatti alcuni significativi ritorni (tematici, ambientali e drammaturgici), dall’altra una neutralizzazione della sua tipica vis comica e una qualità espressiva che lo rendono differente dal resto dei titoli della sua filmografia. Il ritorno più significativo è di natura ambientale, dal momento che Coney Island è forse la vera protagonista del film. Già sfondo di Io & Annie (1977), Coney Island non solo rivive letteralmente sullo schermo grazie alle scenografie del fido Santo Loquasto (che firma la trentesima collaborazione con Allen) e dai costumi di Suzy Benzinger, ma è anche magnificamente connotata dal dinamismo luministico di Vittorio Storaro. Una fotografia ispirata dai dipinti di Reginald Marsh e dai lavori di Norman Rockwell e che in taluni casi è in grado di evocare un legame espressivo e semantico con la pittura – come ad esempio l’inquadratura-capolavoro iniziale in cui Il giardino delle delizie di Hieronymus Bosch appare più che una semplice suggestione. Tuttavia c’è da dire che proprio l’autorialità della fotografia si rivela controproducente, poiché definendola e talvolta anticipandola finisce per soverchiare la scrittura del film. Al punto che qualcuno potrebbe lecitamente chiedersi se sia più un film di Allen o di Storaro, se Allen abbia delegato troppo al suo collaboratore e soprattutto se quest’impronta estetizzante, nuova nel cinema dell’autore di Manhattan, non sia in qualche modo il sintomo di una deriva espressiva.
Francesco Crispino – www.saledellacomunita.it

(…) Un film abbastanza anomalo per Allen, dove l’ironia ha lasciato il posto al dramma in stile Tennessee Williams. I dialoghi spesso non hanno quella leggerezza dei suoi capolavori passati, con lo spettro di un’occasione mancata che si profila all’orizzonte. Ma la fotografia di Storaro è magnifica, e tiene testa all’ottima interpretazione di Kate Winslet. I colori accesi trasportano il pubblico in una dimensione onirica, in un luogo in cui, almeno all’apparenza, i sogni si possono realizzare. La ruota delle meraviglie è un film di contrasti, di scontri, tra l’età adulta e la gioventù, tra chi si sente soffocare e chi può permettersi di guardare con speranza al futuro.

Sullo sfondo, una suggestiva Coney Island ricostruita nei minimi dettagli. In primo piano un testo quasi teatrale, ambientato tra le mura domestiche. (…) Gli amanti del maestro potranno ritrovare i suoi temi prediletti: l’amore per il cinema, per la rappresentazione, la fragilità dell’animo umano, destinato a soffrire, con la mente e con il cuore. La vita non è un luna park, sembra dirci il maestro, mentre il suo Alvy Singer di Io e Annie sembra ancora osservarci dalla sua casa sotto le montagne russe.
Gian Luca Pisacane – www.cinematografo.it

Uno struggente carillon. Un film sulla morte e il dolore senza echi bergmaniani. Stavolta il cinema di Woody Allen non ha bisogno di filtri autoriali, di dialoghi che devono mantenere il proprio ipocondriaco ritmo. Le luci sembrano abbaglianti, ma quasi spente. Il parco divertimenti solo uno sfondo per una tragedia lacerante. In un film fatto di illusioni, affetti ritrovati e perduti, bagliori di una vita diversa che poi viene negata. Il luna park di Woody Allen, gli effetti della sua comicità, sono quasi sotterrati. Ne restano dei residui. (…) Sul motivo ricorrente della canzone Coney Island Washboard dei Mills Brothers, Allen riporta a galla tutto un cinema degli anni ’50. La ruota delle meraviglie si porta dietro quasi degli squarci teatrali di Elia Kazan che guarda Tennessee Williams, recuperando anche la fisicità degli attori, soprattutto Jim Belushi che sembra arrivare dal bianco e nero di quel decennio. Ma l’incontro magico è soprattutto tra Allen e Kate Winslet, quasi riciclaggio dalla serie Mildred Pierce, immersa nei blu e nei rossi nel dialogo con Juno Temple, in una prova superlativa. Il cinema è sempre lo sfondo. Carioca, Winchester ’73 sugli schermi. Ma il ritmo è magnificamente lento. Anche nella battuta. E altrettanto ‘magnificamente’ non fa quasi ridere per niente. E il frammento gangster ha un’amarezza senza fine. Il tragico raggiunge la sua totale essenzialità. Non c’è più bisogno del coro greco di La dea dell’amore. Non è solo uno dei film più ispirati del regista di quest’ultima fase. La ruota delle meraviglie è uno dei migliori Woody Allen di sempre. Con i suoi ‘interiors’ che portano a galla l’altra faccia della felicità.
Simone Emiliani – www.sentieriselvaggi.it

(…) Come spesso accade di recente nei suoi casting (finita l’epoca delle Keaton, Farrow, Johansson‎ che restavano a lungo) Woody si è andato a cercare qualcuno che non abbia ancora lavorato con lui. Lo ha trovato in Kate Winslet la quale era già entrata nel suo radar ai tempi di Match Point ma aveva declinato l’invito per restare con la sua famiglia. Ora invece si è messa a disposizione dichiarando che “è stata probabilmente il secondo ruolo più stressante che abbia mai recitato ma l’esperienza in se stessa è stata del tutto incredibile“.
Giancarlo Zappoli – www.mymovies.it

Nella grande epica dei luoghi che Allen sta raccontando da Match Point in poi, questa tragedia tutta interna ai confini di Coney Island (…) è uno dei suoi film più visivamente soddisfacenti, un piccolo trionfo di quotidiane amarezze nelle quali Kate Winslet è la ordinary woman perfetta. Aiutata da un maestoso Jim Belushi (che spazza via in due scene l’immagine comica che abbiamo di lui), fa quel che fece Mia Farrow in Alice o Gena Rowlands in Un’Altra Donna, crea un modello di femminilità alternativo a quelli del resto del cinema, matura e tormentata, sola e sommessamente disperata come un’eroina tragica degli anni ‘50. È un esercizio complicatissimo grazie al quale sorregge benissimo il film, si mette a favore di luce ocra, si lascia bagnare dai tramonti finti di Storaro e pare aver capito che per esaltare questa festa per gli occhi e tragedia per il cuore deve duettare più con i colori che con gli attori. E lo fa!
Gabriele Niola – www.badtaste.it