Dal 5 all’ 8 aprile al Sanfelicinema

aprilePoster The Post

Giovedì 5
Venerdì 6
Sabato 7
Domenica 8

Ore 21.15 sempre,
Domenica anche ore 16.00

Biografico,
USA 2017
Di Steven Spielberg.
Con Meryl Streep e Tom Hanks.

Durata: 1 ora 58’.

Spielberg, Streep, Hanks: tre grandi per raccontare uno storico, drammatico scontro tra stampa e potere politico.

LA CRITICA DEL FILM

Francesco Crispino – Sale della Comunità

Più che un’invettiva contro le malefatte dell’amministrazione Nixon, il film di Steven Spielberg, The Post, è una appassionante celebrazione della libertà di stampa, garantita negli Usa dal primo emendamento della Costituzione.
Alessandra De Luca – Avvenire

The Post è boccata di grande cinema classico nell’era dell’informazione ridotta alla velocità di un tweet o di qualche improbabile fake news. Ma non solo. Perché alla magnifica sceneggiatura di Liz Hannah e Josh Singer, e al film di Spielberg, non interessa demonizzare quello che i media sarebbero diventati, piuttosto esaltare tutto il processo – strategico, politico, umano, fisico (che bellezza quando il cinema si sofferma sulle rotative…) – che si nasconde(va) dietro la pubblicazione di una prima pagina, e di un quotidiano tutto. (…) Il patto di fiducia tra i cittadini e il governo americano inizia a scricchiolare da lì. Dalla scoperta che le menzogne del potere erano il motore che spingeva centinaia di migliaia di ragazzi a sacrificare la propria vita in nome di una bandiera che il potere stesso stava infamando. I cittadini lo scoprirono grazie ad un principio, quello della libertà di stampa, in nome del quale altri uomini – e donne – erano disposti a sacrificare qualsiasi cosa.
Valerio Sammarco – www.cinematografo.it

Un presidente degli Stati Uniti che dipinge i giornalisti come bugiardi, minaccia la libertà di stampa, limita l’accesso dei media all’informazione, punteggia significativamente la sua carriera politica e personale di fallimenti d’immagine. No, Donald Trump non ha inventato niente, prima di lui c’è stato Richard Nixon. Girato d’urgenza per non perdere niente della sua risonanza, The Post non racconta un’epoca passata ma una storia che si ripete. Per realizzarlo Steven Spielberg ha interrotto un progetto in corso (The Kidnapping of Edgardo Mortara) e ha lavorato nelle medesime condizioni dei suoi protagonisti. L’energia è quella di un reportage di guerra ma la regia agisce negli interni delle redazioni o di lussuose dimore, creando opposizioni, spazi chiusi, linee di fuga. Film indifferibile, traboccante di impeto e fervore, The Post è prossimo a Lincoln. Lo è nel fondo e nei meccanismi, lo è nello slittamento dalla potenza delle immagini a quella della parola, lo è nell’interessamento alla procedura, ai caratteri umani pieni di intelligenza strategica, alla forza dei sentimenti, all’eroismo del cuore, alla comunione di un gruppo di persone, sovente in un ufficio, qualche volta su campo a operare in maniera ‘illegale’ nonostante l’istituzione che incarnano. Se nel 1865 era necessario acquisire abbastanza voti per far passare il Tredicesimo Emendamento, nel 1971 è indispensabile mettere le mani sui fascicoli confidenziali della Difesa per denunciarli sulle pagine del giornale. Allo stesso modo per Spielberg è importante realizzare il suo film prontamente per ‘trattare’ la perdita di controllo di un altro capo di stato e la condizione della donna. E il film aderisce all’impellenza del suo intrigo manifestando la sua urgenza (anche) nella forma e ribadendo in filigrana uno dei grandi temi della sua filmografia, la comunicazione. Quella che nasce dall’incontro tra un bambino e un alieno, tra un israeliano e un palestinese, quella che passa per lo storytelling o gli aneddoti di Lincoln.
Marzia Gandolfi – www.mymovies.it

La prima cosa da sapere su The Post è che racconta una storia d’amore: il nuovo, intenso dramma di Steven Spielberg celebra la passione tra la stampa libera e gli esseri umani dotati di raziocinio. Una specie in pericolo, nell’America di Donald Trump. Un thriller giornalistico-cospiratorio girato con fierezza e grande cuore. Il veterano Spielberg, 70 anni, ha definito The Post “un film d’inseguimenti con giornalisti”. E il senso d’urgenza pervade tutte le scene. Nonostante la storia raccontata sia ormai vecchia di 46 anni, è impossibile guardare il film senza piombare in uno stato d’attesa. Il colpo di genio di Spielberg è usare la vera voce di Nixon, registrato mentre parlava dei suoi crimini e si imbestialiva con la stampa che ne scriveva ogni giorno. Suona familiare? The Post è esplosivo ed eccitante, uno studio vigoroso su come le azioni definiscano i personaggi. Questa pellicola dichiaratamente old school azzecca tutti i dettagli storici: la redazione, le stampatrici, le copie gettate dai camion a un pubblico pre-digitale. Sono i due protagonisti che rendono il film imperdibile. Hanks è fiero e vitale nel ruolo del giornalista ambizioso che vuole rendere il Post uno dei grandi quotidiani del Paese. È sua moglie (Sarah Paulson) a dirgli di fare un passo indietro, a spiegargli che è la Graham a rischiare di perdere tutto. Parole sante. E quindi tocca a Meryl Streep prendere il centro della scena. (…) Se pensiamo ai titoli dei giornali di questi mesi, c’è qualcosa di inebriante nella figura di una donna che si risveglia per dire l’ultima parola.(…) The Post è una trionfante chiamata alle armi contro i politici-tiranni che negano il diritto di contrapporre la verità al potere. La Corte Suprema ha deliberato a favore della libertà di stampa nel 1971. Farebbe la stessa cosa, oggi? È una domanda che fa paura. Ma anche il vero motivo per cui questo film straordinario è esattamente il punto di svolta di cui abbiamo bisogno adesso, in questo istante.
Peter Travers – www.rollingstone.it

La parola, la carta, il lavoro. Il cinema, la scrittura, l’etica. The Post sta racchiuso nella chiarezza dei suo elementi fondanti, nell’evidenza del suo stile. È una storia di giornalismo americano, del suo lato più nobile, quello che resiste al potere politico, che ne diventa il guardiano, che per etica professionale ne rende pubblici i retroscena arrivando a mettere in pericolo la sua stessa libertà d’espressione. Spielberg usa una lingua così sciolta e sicura da essere invisibile; la sua regia si fa strumento di una lezione propedeutica all’uso corretto della democrazia. (…) The Post celebra la stampa esaltando la pluralità di voci di cui è espressione. Pluralità che significa ascolto (con quelle telefonate fra più persone, dai membri del consiglio d’amministrazione del «Post» ai giornalisti della redazione), condivisione del lavoro, della lettura, delle riflessioni. In un grande film sul giornalismo a cui Spielberg si è probabilmete ispirato, Park Row di Samuel Fuller, le riprese della stampatrice linotype, di cui si racconta l’invenzione nella seconda metà dell’Ottocento, sono effettuate con lunghi piani sequenza che hanno lo scopo di restituire l’apertura e la trasparenza del giornalismo americano. È ancora una volta una questione di chiarezza, e in questo caso di regia: Spielberg riprende l’ampiezza di movimenti di Fuller e i suoi spazi ingombri di persone con l’intento di trasmettere la stessa idea di partecipazione, di costruzione della Storia. La sua è la voce della democrazia, la messinscena di un’idea di giornalismo e di un popolo chiamato a trovare le propri parole per esprimersi.
Roberto Manassero – www.cineforum.it